La suggestiva “festa delle luci”, che si tiene in India durante il novilunio di ottobre-novembre, celebra il ritorno trionfale di Rāma e della sua paredra Sītā ad Ayodhyā dopo il lungo esilio e, più simbolicamente, il ritorno della “luce” nel corpo in seguito alla vittoria su certe tendenze malvagie che abbrutiscono il nostro spirito. Fuor di metafora, nel Rāmāyaṇa si narra che il demone Rāvaṇa aveva rapito Sītā e, dopo una trionfale epopea, Rāma, anche grazie al supporto dell’esercito delle scimmie, riuscì a sconfiggere il suo demoniaco rivale e a tornare in patria insieme alla sua consorte recuperata. Per accogliere i due celestiali personaggi il popolo di Ayodhyā accese innumerevoli file (avali) di lampade ad olio (dīpa) per illuminare il loro cammino > da qui il composto dīpāvali (fila di luci). In questa notte “priva” di luna si accendono dunque migliaia di lucerne disposte in lunghe file sulle terrazze, sui davanzali, oppure affidate alla corrente dei fiumi (anche se oggi i lumini sono sovente sostituiti dalle lampadine elettriche!!). Molti hindū, come dicevo, vedono in questa festività la vittoria del bene sul male e della conoscenza (luce) sull’ignoranza (oscurità) ottenebrante che non ci fa realizzare la nostra vera natura.
Non si dimentichi, infine, che dīpāvali è anche una festività dedicata all’unione del dio Viṣṇu con la dea dell’abbondanza/ricchezza: Lakṣmī. Molti hindū in attesa di questa celebrazione puliscono, illuminano e ornano le loro abitazioni con la speranza che la “fortuna”, ossia le dea, passi a trovarli e li assista.